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13/05/2024 di ELISABETTA GIANNUZZI

LA MADRE SECONDO ZELLER

Buio, musica, sipario! Una serie di porte, un ambiente essenziale, lineare e in alto uno specchio che, di tanto in tanto, s’inclina verso la platea riflettendola, come a ricordare allo spettatore che ciò che vede in scena potrebbe essere la sua stessa vita.

Una sensazione di inquietudine si trasforma in angoscia a mano a mano che lo spettacolo va avanti, appena smorzata nella prima parte della pièce dai siparietti comici tra Lunetta Savino e Andrea Renzi, lei brava interprete nel ruolo della protagonista Anna e lui, altrettanto bravo,nel ruolo di suo marito Pietro.

La coppia ha due figli che ormai adulti sono andati via di casa e, come spesso ripete il padre, “sono impegnati a vivere”.

In particola è la partenza del figlio maschio, Nicola, che viene vissuta da Anna come un vero e proprio abbandono, come un tradimento, a cui si aggiunge la crisi dell’amore coniugale ormai trasformato in un insieme di riti quotidiani.

Florian Zeller, uno degli autori più amati del teatro e del cinema contemporaneo (vincitore di un premio Oscar con The Father) con questa opera vuole indagare il tema dell’amore materno e delle sue possibili derive patologiche.

“Il troppo amore delle madri soffoca i figli” e Nicola, per poter vivere la sua vita, deve allontanare sua madre con determinazioneo,metaforicamente, strangolarla.

Anna è disorientata, prende tranquillanti e usa alcool; il suo malessere e la sua follia peggiorano, nella sua mente le situazioni e i personaggi si mischiano.

Questo disorientamento è reso bene dal ripetersi delle scene per due volte (sottolineate efficacemente da un cambio di colore delle luci), come se ci fossero due livelli del racconto: uno è la realtà e l’altro è la realtà come Anna la interpreta.

Anna ha spesso in mano un gomitolo di cotone rosso che arrotola e srotola sulla scena come se potesse ritessere la tela della sua esistenza e così guarire dalla propria sofferenza; sofferenza che lei stessa ha causato rinunciando alla sua vita e ai suoi sogni per occuparsi esclusivamente dei figli e del marito.

Nella scena finale Anna è ricoverata in ospedale per un’intossicazione da antidepressivi e alcool, finalmente suo figlio è andato a trovarla, ha un fiore in mano, lei si alza e gli va incontro sorridendo.

In quel sorriso mi piace leggerel’accettazione della vita nel suo divenire, la volontà di lasciar andare le persone amate e di rinascere.

L’ottima regia, la cura delle scene, delle luci e dei costumi, contribuiscono alla realizzazione di uno spettacolo che riesce a toccare corde profonde.

Al Teatro Piccinni di Bari fino a domenica 21 aprile 2024.

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