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22/05/2023 di Ivana De Marco

SCRIVENDO DANZA 

La danza d’autore di Marco D’Agostin in scena a Bari

L’artista ha portato in scena due spettacoli al teatro Kismet di Bari in data 24 e 25 Aprile per la stagione DAB 2023/24 organizzata dal Teatro Pubblico Pugliese, rispettivamente:

FIRST LOVE

First love è un risarcimento messo in busta e indirizzato al primo amore. È la storia di un ragazzino degli anni ’90 al quale non piaceva il calcio ma lo sci di fondo – e la danza, anche, ma siccome non conosceva alcun movimento si divertiva a replicare quelli dello sci, nel salotto, in camera, inghiottito dal verde perenne di una provincia del Nord Italia.

(Trailer)

BEST REGARDS

 Nomination PREMIO UBU 2021/2022 (Miglior Spettacolo di Danza)

“Dear N,
You were too much.
Too funny…”

(Trailer)

Le Studentesse Elena Capone e Alessandra Gaeta, hanno intervistato dopo gli spettacoli l’artista Marco D’Agostin.

In entrambi i lavori hai analizzato due personalità, quella di Stefania Belmondo e quella di Nigel, cosa ti ha spinto a farlo?

“Questi due lavori non sono pensati per essere un dittico, e il fatto che ci sia una personalità in entrambi è una casualità; la differenza fondamentale è che Stefania era viva e invece Nigel era morto, First Love per me è un affondo all’interno di un certo tipo di rapporto con la nostalgia, con il primo amore; dentro First Love c’è la mia relazione ossessiva con la memoria, con le tracce che lascia un evento memorabile nel nostro passato, soprattutto quando questo è sia intimo, biografico e personale e sia una memoria collettiva. Invece Best Regards l’ho creato in risposta a quello che aveva rappresentato per me Nigel come artista, è uno spettacolo in risposta ai suoi spettacoli, il fatto che sia morto è l’innesto di Best Regards che parte da una domanda: come si abita/si danza lo spazio lasciato vuoto da qualcuno? Come si può comunicare fuori tempo massimo?”

Durante entrambi gli spettacoli fornisci al pubblico tutti i dettagli necessari per fruire del lavoro, questa preparazione, come libretto di un’opera teatrale, è un’operazione che compi spesso?

Per me è fondamentale il patto di complicità che si dovrebbe sempre firmare silenziosamente all’inizio dello spettacolo, a me dell’incontro tra l’artista in scena e lo spettatore in sala, interessa l’idea che ogni volta che inizia lo spettacolo il primo debba proporre uno specifico tipo di patto che corrisponde a un certo grado di compromissione che quello spettacolo chiederà”

Quanto la forma epistolare ti emoziona? In questi tempi  in cui i social sono predominanti, come potremmo tornare a una relazione più lenta?

“Devo pormi criticamente riguardo l’argomento, non sempre la lentezza è un valore, bisogna capire cosa questa nuova modalità di fruizione ci sta dando e io credo che questa ci ponga di fronte all’idea che si possa anche surfare orizzontalmente sulle cose, questa orizzontalità di fruizione ci permette di venire a contatto con molte più cose rispetto a prima”

“La danza è un azione normale” affermava Nigel. Per te è così? Cosa intende Nigel con questa affermazione?

“No, non è una cosa normale, perché per farla bisogna superare il pudore, e noi in Occidente viviamo in una società in cui raramente esistono situazioni rituali collettive in cui si danzi. Eppure la danza è un’esperienza radicata nei nostri geni perché anticamente ha fatto parte delle esperienze di tutti, ma nonostante ciò è una forma di espressione che è lontana dalla vita quotidiana. Ritornando alla questione della velocità, TikTok sta riavvicinando molti giovani alla danza. Per Nigel la danza non aveva tanto a che vedere con l’estetica che produceva, né con la tecnica ma proprio con l’idea di produrre un flusso di energia in un gruppo di persone a prescindere da ciò che si fa, in accordo o meno con la musica”

Quanto Best Regards subisce le influenze del pubblico rispetto a First Love che sembra invece più lineare?

First Love potrebbe esistere anche senza pubblico, ha una sua drammaturgia che non ammette inciampi, Best Regards no, è impossibile da provare in una sala prove, perché in tutta la parte centrale, i ritmi, le pause, sono tutte pensate sulla reazione che in tempo diretto misuro con il pubblico o sull’assenza di reazione, io lancio un segnale e aspetto la risposta e in base a come e se arriva lancio il segnale successivo”

Riesci a far cantare tutti alla fine di Best Regards?

“Ionon faccio cantare nessuno, canto solo per portare il suono e poi esco. Ho rilevato dopo una cinquantina di repliche in tutta Europa, che la gente canta. Quando però ho creato quella scena senza pubblico nell’anno della pandemia, l’ho fatto pensando che nessuno avrebbe cantato, a me interessava invitare il pubblico a fare una cosa che poi avrebbe fatto solo nella sua mente: è stata una sorpresa sentire il coro”

Il primo amore è stato lo sci o Stefania Belmondo?

“Nessuno dei due, il primo amore è stato una mia compagna di scuola di cui ero innamorato e con cui sciavo, Stefania Belmondo era la persona nella quale mi identificavo, però a differenza sua non ero bravo nello sci di fondo, però ero molto basso e mingherlino e mi piaceva l’idea di questa campionessa meravigliosa ma con un corpo intatto alla sua bravura, quindi mi identificavo. Lo sci di fondo l’ho sempre odiato, non è stato sicuramente il mio primo amore”

Com’è essere artista associato al Piccolo Teatro di Milano a soli 36 anni?

“A 36 anni uno dovrebbe essere un artista che ha già sfornato un capolavoro, e io non l’ho ancora fatto. È evidente che sia un grandissimo riconoscimento, datomi da Claudio Longhi, al quale mi lega una relazione di stima enorme reciproca. Quello che spero accada in questi anni è che io insieme ad altri artisti associati che provengono da un côté molto simile al mio, sotterraneo, riusciamo con grande umiltà e determinazione a cambiare leggermente il DNA di quell’istituzione meravigliosa che è il Piccolo che ha però bisogno di avere insieme a un certo tipo di teatro anche delle modalità di lavoro e di ricerca diverse. Ripensandoci, non è un riconoscimento, è una grande responsabilità, un compito molto arduo”

Hai mai pensato di fare la popstar?

“In realtà sì, adesso mi interessa molto cantare, studierò e nel prossimo lavoro il canto sarà centrale. Vengo da un contesto molto provinciale, del Veneto, dove non ho avuto nessun accesso al teatro, quindi prima di trasferirmi a Bologna, per me l’unico orizzonte legato allo spettacolo che esisteva era quello della televisione, e non me ne vergogno, per cui c’è stato un periodo della mia vita in cui sognavo di essere una popstar, ma perché era l’unica cosa che potevo sognare. Poi ho capito che potevo sognare qualcosa di più vicino a me, cioè di fare l’autore di danza contemporanea”

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