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23/10/2023 di Ivana De Marco

UN’IRONIA SEMPLICE E IMMEDIATA

Uomo e galantuomo di Eduardo De Filippo

In scena al teatro Piccinni di Bari una commedia “sgangherata” che da un secolo a questa parte
riesce a rallegrare e a coinvolgere il pubblico in sala…Sì, ma quale pubblico?
Uomo e Galantuomo fu scritta da Eduardo De Filippo (attore, regista, drammaturgo e poeta, riceve
una Laurea honoris causa in lettere prima presso l’Università di Birmingham nel 1977 e poi presso
l’Università di Roma “La Sapienza” nel 1980) per il fratellastro Vincenzo Scarpetta e messa in
scena nel 1924 con il titolo Ho fatto il guaio? Riparerò!. Poi nel 1933 la farsa è rappresentata dalla
compagnia dei fratelli De Filippo “Teatro Umoristico I De Filippo” con il titolo definitivo di Uomo
e galantuomo.
La trama risulta abbastanza intrecciata; gli attori di una fallita compagnia teatrale, “L’eclettica”,
sono ospiti a spese del ricco e giovane Alberto De Stefano in un albergo presso Bagnoli.
A seguito di un’esibizione imbarazzante, il capocomico Gennaro De Sia propone alla compagnia un
nuovo dramma da rappresentare, l’opera Malanova di Libero Bovio, la quale durante la prova sarà
massacrata data l’incompetenza degli attori.
La stessa prova verrà interrotta da Salvatore, fratello di Viola, la primadonna messa incinta dal
capocomico, il quale entrando ha incontrato Alberto che l’ha scambiato per il fratello di una sua
misteriosa amante, Bice, incinta di lui. Sentendo che Salvatore è venuto per reclamare un possibile
matrimonio riparatore per sua sorella, Alberto, da galantuomo, gli garantisce che la sposerà, non
sapendo si tratti dell’attrice Viola e non della sua amante Bice.
Da qui nasce il gigantesco equivoco che porterà alla fuga del capocomico Gennaro e all’incidente
che gli causerà un’ustione ai piedi e successivamente l’incontro con un dottore, il conte Tolentano,
che compiaciuto lo porterà nella sua villa per curarlo.
Nel frattempo Alberto si è recato a casa della sua amante Bice per chiederle la mano, ma qui scopre
che la stessa è sposata proprio col conte Tolentano. Alberto, vistosi scoperto da questo, si finge
pazzo, decisione che lo porterà all’arresto.
Il conte poi, avendo capito il piano, lo raggiunge e lo ricatta: o si farà ricoverare in manicomio,
salvando così il suo onore di marito tradito oppure gli sparerà per poter nascondere il misfatto.
Proprio il conte, invece, sarà costretto a fingersi pazzo per evitare lo sdegno di sua moglie Bice, che
scopre una sua tresca con una donna sposata. Alberto finalmente non più finto pazzo sarà rimesso in
libertà.
Prima dell’inizio della rappresentazione, nel foyer, avevo notato guardandomi intorno che il
pubblico presente era composto principalmente da spettatori maturi, adulti e questa visione ha
anticipato nella mia testa il tipo di spettacolo che avrei visto, qualcosa di aderente a un certo tipo di
conformità culturale, caratterizzata da una concezione teatrale molto “borghese”, “ottocentesca”
oserei dire.
La commedia è stata realizzata in modo minuzioso e curato, dalle scenografie realistiche e diverse
per ognuno degli atti, ai costumi, allo stile recitativo degli illustri attori tra cui: Geppy Gleijeses
(allievo di Eduardo, dal quale ricevette il permesso a rappresentare le sue opere); Lorenzo Gleijeses
(allievo di Eugenio Barba); Ernesto Mahieux (attore riconosciuto dal grande pubblico grazie ai
numerosi riconoscimenti conseguiti, un David di Donatello nel 2003 come migliore attore non
protagonista per L’imbalsamatore e un Globo d’oro 2003 come miglior attore rivelazione sempre
per lo stesso film).
Nonostante ciò trovo che il tipo di comicità con cui siano stati rappresentati i fatti in scena, i temi
trattati, i tipi di personaggi coinvolti, i tempi delle azioni e della narrazione, siano lontani dal tipo di
visione e concezione che le nuove generazioni (Millennials, Gen Z) possano avere. Essendo le ultime abituate a tempi più rapidi, dovuti principalmente all’evoluzione della cultura mediale,
cinematografica, televisiva e seriale o abituate a tipi di personaggi molto diversi e meno legati agli
stereotipi come quelli della commedia di De Filippo, a un tipo di humor differente, non
caratterizzato sicuramente da battute semplici e immediate legate agli aspetti più umili della vita
quotidiana.
Ritengo che, in generale, il tipo di allestimento della rappresentazione, a cura del regista Armando
Pugliese, non sia riuscito a svecchiare una farsa di 100 anni fa.
Mi piacerebbe capire se questa scelta calcolata, misurata proprio per poter compiacere un
determinato pubblico, conservando una forma più accademica, sia stata fatta con questo determinato
obbiettivo o meno.
Se mi dovessero chiedere di selezionare uno spettacolo affinché i ragazzi, possibile futuro pubblico
teatrale, si avvicinino a questo mondo, sicuramente la mia scelta non ricadrebbe su questo.
Ivana De Marco

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